Il folle Rodman e i nuovi Bulls
La stagione 1994-95 si chiuse con la splendida doppietta dei Rockets e del suo centro, Hakeem Olajuwon.
La stagione successiva si aprì con diverse squadre pronte a contendersi il titolo. Oltre ai Rockets c’erano i Magic, freschi finalisti, i Supersonics di Seattle, guidati dalle stelle Gary Payton e Shawn Kemp, gli Spurs dell’ammiraglio David Robinson, gli intramontabili Jazz del duo Stockton e Malone.
Ed ovviamente c’erano i Bulls di Michael Jordan, rientrato nel marzo del 1995, in tempo per riprendere confidenza col parquet nel finale della Regular Season e poi per tentare la caccia all’anello dei playoffs.
Era finita male per i Bulls durante la serie con i Magic, in cui Jordan aveva pagato l’anno e mezzo di assenza dai campi di basket, ma soprattutto Chicago aveva pagato l’assenza di un rimbalzista di ruolo, perdendo inesorabilmente la battaglia sotto i tabelloni contro Orlando.
Durante l’estate la dirigenza dei “Tori” si mosse su consiglio dello stesso Jordan per portare a Chicago Dennis Rodman, miglior raccattapalloni della lega, ma nel contempo ragazzo dal carattere eccentrico per usare un eufemismo, problematico per dire le cose come stanno.
Fu una mossa azzardata quella dei Bulls, ma che pagò alla grande. Dennis Rodman risultò fondamentale nella successiva tripletta dei tori, soprattutto il primo anno, quando Chicago chiuse la season con 72 vittoria e 10 sconfitte, record i ogni tempo per la NBA, e nei playoffs strapazzò ogni avversaria si ponesse sul suo cammino. Compresa Orlando, battuta con un sonoro 4-0 nella finale della Eastern Conference, in una splendida rivincita dell’anno precedente.
In finale contro Seattle, Jordan vinse il suo quarto MVP, ma Rodman fu il vero fattore determinante nella serie.
Dopo quella vittoria, la stagione 1996-97 iniziò con i Bulls ancora una volta principali candidati all’anello di campioni nel mondo.
Ma fu anche la magica stagione degli Utah Jazz.
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