‘NBA Legendary Games’ Category Archives

4
Jan

1. The start of it all

by The Goat in NBA Legendary Games

In principio era Mikan.
George Lawrence di nome. Mr Basketball per soprannome.
Occhialuto viso pallido di 6’10’’ per 245 libbre. Nato nell’Illinois nel 1924, college DePaul. Sette stagione in NBA ai Minneapolis Lakers, cinque titoli, 23.1 punti e 9.5 rimbalzi in carriera.
Inarrestabile per i suoi tempi. Con lui nacque il concetto di giocatore dominante.
Mikan appese le scarpe al chiodo nel 1956. Quattro anni dopo i Lakers lasciavano le fredde montagne del Minnesota per il caldo della costa californiana. Los Angeles ne era la nuova patria.
In seguito venne Pettit.
Robert Lee di nome. Per tutti Bob o anche Big Blue, perché indossava sempre lo stesso cappotto blu notte. Faro dei St.Louis Hawks, fu l’unico a sconfiggere l’imbattibile Boston degli undici titoli in una serie finale. Il primo MVP di Regular Season di sempre. Undici volte All Star, dieci primi quintetti di lega consecutivi, tuttora record NBA.
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3
Jan

2. Quei palloncini al Forum di L.A.

by The Goat in NBA Legendary Games

Correva l’estate del 1968.
Non era la summer of love dell’anno prima, né quella di Woodstock dell’anno dopo, ma una molto più prosaica estate di ferventi trattative fra due squadre NBA per spostare il colosso Wilt Chamberlain da una costa all’altra degli Stati Uniti.
E colui che a torto o a ragione, viene spesso considerato il più grande centro di ogni epoca, lasciava i Sixers di Philadelphia, dove nel 1967 aveva vinto il suo primo titolo in carriera, per approdare a Los Angeles, in una squadra dal talento spaventoso e dalle infinite possibilità.
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3
Jan

3. Quando Reed rispose presente

by The Goat in NBA Legendary Games

La stagione 1969-’70 fu una stagione molto particolare per l’intera NBA. Era la prima senza William Felton Russell, per tutti Bill. Il signore degli Anelli. Colui che aveva rivoluzionato il basket, i suoi concetti, le sue tattiche, la sua psicologia.
Per tredici lunghissimi anni, ogni stagione era inizata con la consapevolezza che la squadra da battere erano i Celtics. Ogni stagione era finita (salvo due eccezioni) con Boston sul tetto del mondo e Bill Russell suo immenso profeta. Una dittatura, di più, un incubo.
Il campionato si aprì senza quella, per taluni rassicurante, per altri frustrante, certezza. Il trono e lo scettro del Re erano rimasti vacanti. La squadra più accreditata a prenderne in consegna l’eredità dei Celtics, era ovviamente Los Angeles.
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3
Jan

4. Quattro leggende e una partita

by The Goat in NBA Legendary Games

Wilt Chamberlain, Oscar Robertson, Jerry West e Kareem Abdul Jabbar. Quattro nomi che hanno fatto la storia della National Basketball Association. Quattro autentiche leggende di questo sport. Quattro fra i dieci più grandi giocatori di ogni epoca.
Due esterni, il miglior play e la miglior guardia prima dell’avvento di Magic e MJ. Due centri, fra i primi tre di sempre. Tutti appassionatamente riuniti in una stessa, magica partita. Ovviamente Lakers-Bucks di inizio anni ‘70.
Se a ciò ci aggiungiamo una finale di Conference giocata pochi mesi prima fra le due squadre e vinta da Milwaukee in cinque gare, ed una striscia aperta di 33 vittorie consecutive dei Lakers in regular season, c’è veramente di che commuoversi nel mettersi davanti alla TV e godersi la sbiadita videocassetta della partita.
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3
Jan

5. L’anello approda a L.A.

by The Goat in NBA Legendary Games

Ladies and Gentlemen, from Los Angeles, California, The Ring!
E adesso non aspettatevi l’inconfondibile giro di chitarra che apre Roadhouse Blues, caso mai sarebbe d’uopo l’attacco di una versione riveduta e corretta di The Star Spangled Banner, l’inno nazionale americano. Magari stile Hendrix.
È la tarda primavera del 1972. Los Angeles conquista il suo primo titolo NBA. Agognato, sofferto, più volte sfiorato, ma mai ghermito.
Dapprima il più che decennale incubo Russell, poi il cuore di Willis Reed e dei giovani guerrieri della Grande Mela, infine lo strano connubio generazionale Robertson-Alcindor.
Quell’anello pareva essere maledetto. A dispetto dei Chamberlain, dei West, dei Baylor, dei record e delle innumerevoli finali, sembrava davvero non dovesse mai arrivare.
Ma per una volta lasciamo spazio ai numeri. Mai come in questo caso altamente esplicativi.
Los Angeles aveva fatto il suo ingresso nella Nationa Basketball Association nel 1960. Da allora sette finali disputate in unidici anni. Sette sconfitte.
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3
Jan

6. La maratona di Boston

by The Goat in NBA Legendary Games

The Greatest Game Ever. La più bella partita di tutti i tempi. Esiste un solo match nella storia della NBA che può vantare tale impegnativa definizione.
Era un venerdì sera del mese di giugno, giorno 4, anno 1976, quando Celtics e Suns scesero sul parquet del Boston Garden per gara 5 di finale. Una finale forse in tono minore, in un’epoca non certo florida per la NBA.
Proprio nel 1976 l’ABA era ormai arrivata al capolinea della sua breve vita. Il grande nemico era imploso improvvisamente, così come era nato, quasi dieci anni prima.
L’NBA aveva finalmente vinto la sua personalissima battaglia, ma il prezzo da pagare era stato altissimo. Ascolti ridotti al minimo storico, una situazione economica imbarazzante, la diaspora dei migliori giocatori fra le due leghe contendenti. Lo spettacolo in campo? Spesso non pervenuto.
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3
Jan

7. L’anno della Blazermania

by The Goat in NBA Legendary Games

Se vi avessero detto che il più grande centro della storia della NBA è stato un 6-11 dai capelli lunghi e rossi, un figlio dei fiori che amava farsi fotografare sdraiato su un prato con una fascia fra i capelli ed un fiore in bocca, un lentigginoso spilungone che credeva nell’amore fraterno e al college veniva arrestato per una manifestazione contro la guerra del Vietnam, un contestatore hippie e vegetariano convinto, uscito dall’high school di San Diego fra lo scetticismo generale, ci avreste mai creduto? Assolutamente no!
E avreste fatto bene, perchè Bill Walton non è stato il più grande centro di ogni epoca.
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3
Jan

8. Never fear, E.J. is here!

by The Goat in NBA Legendary Games

Gli anni ’70 stavano giungendo al capolinea.
Anni in cui la National Basketball Association aveva attraversato il momento più buio della sua fulgida storia.
I fasti degli anni 60 erano ormai lontani. Chamberlain e Russel ormai uno sbiadito ricordo.
L’ABA era stata un’agguerrita rivale e la NBA già da tempo lottava contro lo spettro del fallimento. Un pubblico sempre più freddo ed un mercato in perenne calo sembrava avviare la lega verso un lento, inesorabile declino.
La stagione 1979/80 vide l’introduzione del tiro da tre punti, che tanto aveva furoreggiato nella defunta American Basketball Association.
Lo stesso anno i Jazz abbandonavano la natia New Orleans e le paludi della Louisiana, per trovare rifugio fra le montagne dello Utah, sulle sponde del Lago Salato.
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3
Jan

9. La maledizione dello Spectrum

by The Goat in NBA Legendary Games

La stagione 1979-’80, quella che avrebbe inaugurato il più spettacolare decennio della storia della lega, era terminata con la conquista dell’anello da parte dei Lakers e la fantastica prova in gara 6 di finale della matricola Earvin Magic Johnson.
Una consacrazione per Los Angeles che tornava al titolo 8 anni dopo Jerry West e Wilt Chamberlain. Una consacrazione per Kareem Abdul Jabbar che, con 33 primavere sulle spalle, tornava a conquistare un anello, nove anni dopo il primo ed unico successo in maglia Bucks. Ma una consacrazione soprattutto per il fantastico rookie da Michigan State, Magic Johnson. Quella famosa gara 6 di finale era stata la sua apoteosi: 42 punti, 15 rimbalzi e 7 assist, ricoprendo tutti e cinque ruoli ed in special modo sostituendo l’infortunato Jabbar nello spot di centro.
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3
Jan

10. I nipotini di Bill Russell

by The Goat in NBA Legendary Games

La semifinale di Conference contro i Sixers era stata un vera e propria battaglia per Boston.
Sotto per 3-1 e con l’evidente convinzione che Philadelphia fosse più squadra, i Celtics avevano dovuto far ricorso a tutto il loro smisurato orgoglio e all’immensa classe di Larry Bird per ribaltare il risultato e piegare nelle tre partite successive la resistenza del Doc e dei suoi compagni.
Era stata una vera impresa, molto spesso parsa persino disperata, ma quando in gara 7, Bird aveva messo a segno il canestro della vittoria ed il popolo del Garden aveva invaso il parquet, a tutti era apparso chiaro che Boston si apprestava a vincere il quattordicesimo anello della sua storia. Il primo dell’epoca Bird.
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3
Jan

11. Poesia in movimento

by The Goat in NBA Legendary Games

“Poetry in action”. Poesia in movimento.
Era la definizione a cui più spesso si ricorreva per descrivere nella sua totalità uno dei più grandi campioni che abbiano mai calcato un parquet di basket. Un giocatore straordinario. In campo e nella vita. Una definizione che rispecchiava il suo modo di stare in campo, la sua eleganza, la sua compostezza, ma anche il suo animo, la sua personalità, la sua disponibilità.
Dopo qualsiasi partita, vinta o persa, in cui avesse giocato bene o male, aveva sempre una fila interminabile di giornalisti davanti al suo armadietto. Lui rispondeva ad ogni singola domanda. Mai una parola sgarbata, mai un segno di insofferenza o di poca disponibilità. Lui era fatto così. Lui era, o meglio è, Julius Winfield Erving II. Per tutti semplicmente Doctor J.
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3
Jan

12. La prima volta di Bird e Magic

by The Goat in NBA Legendary Games

“Championship rings… I live for them!”.
Parole e musica di Larry Joe Bird. O se preferite di Larry the Legend, come ormai era universalmente conosciuto dalle parti del Boston Garden.
Purtroppo per lui, c’era però un’altra persona che la pensava nella stessa identica maniera: Earvin Magic Johnson.
I due leader delle squadre più forte degli anni ’80, due fra le squadre più forti di ogni epoca, non avevano ancora avuto il piacere di incrociare le armi in una serie playoffs fino al 1984.
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3
Jan

13. Il re è morto. Evviva il re!

by The Goat in NBA Legendary Games

Ci sono squadre che costruiscono le proprie vittorie ancor prima che sul campo, nella testa dei loro avversari.
Ci sono squadre avvolte da un tale alone di leggenda, un’aurea di invincibilità, che batterle diventa un’impresa ben più improba di quanto le reali forze in gioco possano dire.
Ci sono squadre che iniziano a vincere perché più forti e continuano a farlo anche quando sul campo non lo sono più, perchè quella strana e famosa “sudditanza psicologica” non è una locuzione inventata per gli arbitri del campionato di calcio nostrano.
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3
Jan

14. Dio travestito da Jordan

by The Goat in NBA Legendary Games

È il primo Novembre del 1986.
Al Madison Square Garden, Chicago Bulls e New York Knicks scendono in campo per la loro prima partita di Regular Season.
A metà dell’ultimo quarto i Bulls sono sotto di 6 punti, quando l’allora ventitreenne Michael Jordan si avvicina al neo allenatore di Chicago, Doug Collins, e gli bisbiglia ad un orecchio: “Coach non ti lascerò perdere la tua prima partita in NBA!”.
Detto, fatto. MJ segna tutti gli ultimi 18 punti dei Bulls e porta la sua squadra alla vittoria, diventando il primo giocatore nella storia a superare i 50 punti al Madison Square Garden da avversario dei Knicks.
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3
Jan

15. Ultimi bagliori di leggenda

by The Goat in NBA Legendary Games

Dopo la vittoria dei Lakers al Boston Garden in gara 6 di finale del 1985, il grande tabù dell’invincibilità dei prodi celtici in finale era stato finalmente sfatato.
La stagione successiva fu caratterizzata ancora una volta dallo scontro a distanza fra Lakers e Celtics. Ma l’epilogo stavolta risultò completamente diverso. E quella divenne la stagione dell’apoteosi biancoverde.
The Legend vinse per il terzo anno consecutivo il premio di MVP della lega. Il suo rivale Magic era ancora a zero.
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