7. L’anno della Blazermania

Jan 3rd, 2011 by The Goat in NBA Legendary Games

Se vi avessero detto che il più grande centro della storia della NBA è stato un 6-11 dai capelli lunghi e rossi, un figlio dei fiori che amava farsi fotografare sdraiato su un prato con una fascia fra i capelli ed un fiore in bocca, un lentigginoso spilungone che credeva nell’amore fraterno e al college veniva arrestato per una manifestazione contro la guerra del Vietnam, un contestatore hippie e vegetariano convinto, uscito dall’high school di San Diego fra lo scetticismo generale, ci avreste mai creduto? Assolutamente no!
E avreste fatto bene, perchè Bill Walton non è stato il più grande centro di ogni epoca.
Ma forse non lo è stato solo per colpa degli infortuni che ne hanno, sin dagli esordi, dapprima minato ed in seguito distrutto una carriera che avrebbe potuto essere fra le più luminose dell’intero firmamento NBA.
Ma se la carriera fra i pro di Walton è stata costellata da gravi infortuni, ciò che invece nessuno può togliere al rosso col numero 32 è il suo sacrosanto diritto ad esser considerato il giocatore più dominante della storia del College Basket, al pari del suo predecessore ad UCLA, Kareem Abdul Jabbar.
E dire che, inizialmente, il grande coach di UCLA, il mitico John Wooden, aveva nutrito forti dubbi nei suoi confronti.
Durante l’ultimo anno di Bill all’high scholl di San Diego, aveva spedito il suo scout Denny Crum a visionarlo, solo per una questione di scrupolo professionale. Le parole di Crum di ritorno dalla missione furono brevi e concise: “The best high schooler i’d ever seen”, il miglior giocatore di high school che abbia mai visto.
Wooden quasi non credeva alle proprie orecchie. Fece sedere Denny nel suo ufficio, chiuse bene la porta, guardò negli occhi il suo scout ed incrociò le mani sotto al mento:
Denny, non far mai più un commento così stupido. Ti fa sembrare un idiota ed un incompetente dire che qualcuno coi capelli rossi e con quella faccia lentigginosa da ragazzino, che per giunta viene da San Diego, è il miglio high schooler che tu abbia mai visto. Innanzitutto non c’è mai – e dico mai – stato un giocatore decente proveniente da San Diego”.
Eppure Denny Crum aveva visto bene. Walton finì ugualmente ad UCLA ed i numeri parlano da soli. Due titoli NCAA, tre titoli di giocatore dell’anno e 88 partite vinte consecutivamente, migliorando il record stabilito dall’University of San Francisco di Bill Russell di 66 vittorie.
Walton stabilì anche il record di assist per UCLA e fu in quegli anni che venne definito il miglior centro passatore della storia.
Ma nella NBA la carriera di Bill fu un autentico calvario. Nelle prime due stagioni giocò solo 86 partite complessive. Poi arrivò l’anno della consacrazione.
Negli States c’è molta gente disposta a giurare su un milione di Bibbie che l’unico anno in cui il mitico “Rosso” non è stato afflitto da infortuni, abbia giocato ad un livello che nessun altro centro sia mai stato in grado di avvicinare! Chamberlain, Russell e Jabbar compresi. E naturalmente, quell’anno, per Portland arrivò l’anello. Il primo ed unico della sua storia.
Correva la stagione 1976-77. I Trail-Blazers erano al loro settimo anno nella lega. Avevano raggiunto un massimo di 28 vittorie in Regular. Erano la periferia del basket che contava. Forse anche oltre. Bastò una sola magica stagione, quella che nell’Oregon è ancora ricordata come La Stagione e divampò la Blazermania. Scoppiò improvvisamente, come un fuoco che brucia ogni cosa e non risparmia nulla, neanche a migliaia di miglia di distanza. Neanche sull’altra costa dell’Oceano, in quel di Philadelphia, lì dove l’anello sembrava dovesse felicemente approdare.
Nell’estate del 1976, era arrivata al suo capolinea l’ABA, la lega rivale che per anni aveva insidiato il potere economico e cestistico di una NBA in completa crisi di identità e di gioco. L’ABA era implosa improvvisamente, così com’era nata.
Un’implosione figlia dell’incapacità dei suoi stessi dirigenti di gestire il colosso che inconsapevolmente avevano creato.
Quattro squadre della ormai defunta lega, le quattro regine, i Denver Nuggets, i New York Nets, gli Indiana Pacers ed i San Antonio Spurs convogliarono nella NBA.
I Giocatori delle rimanenti franchigie furono scelti dalle squadre NBA in un “dispersal draft”.
La nuova stagione NBA partì con 22 pretendenti al titolo e 12 squadre che si qualificavano ai Playoffs. Il più forte giocatore e miglior realizzatore dell’ABA, il più spettacolare di tutti gli States, Julius Erving, al secolo Doctor J, finì ai Philadelphia Sixers per un contratto di 6 milioni di dollari.
Erving trovò come compagno di reparto un’altra bocca di fuoco, George McGinnis, in una squadra che subito si candidava come la principale aspirante al titolo.
I Sixers vinsero 52 partite in Regular, primi nella Eastern Conference, secondi nella lega solo ai Lakers (53 vinte) di Jabbar alla seconda stagione in maglia gialloviola.
Kareem con 26.2 punti e 13.3 rimbalzi a serata vinse il premio di MVP in stagione, bissando il successo dell’anno prima. La corsa dei Lakers si arrestò però in finale della Western Conference ad opera ovviamente dei Trail-Blazers di Bill Walton.
Portland aveva vinto 49 partite. 44 di queste con Walton in campo. Delle 17 partite che Bill aveva saltato per infortunio, ne aveva perse 12. Dal Dispersal Draft era arrivato Maurice Lucas, un’ala forte dominante. Lucas fu il miglior realizzatore dei Blazers con 20,2 punti e oltre 11 rimbalzi a partita. L’intimidazione e l’aggressività che portava in campo furono anche maggiori dei suoi numeri.
Quando Lakers e Trail-Blazers duellarono in finale di Conference, in un fascinoso scontro che metteva l’un di fronte all’altro armati, Bill Walton e Kareem Abdul Jabbar, i due centri che avevano portato UCLA sul tetto del mondo, tutta l’America sportiva sembrò riprecipitare ai magici, indimenticabili e mai dimenticati momenti degli scontri fra Russell e Chamberlain.
In realtà la serie non ebbe storia. Jabbar resse bene o male l’urto contro Walton, ma i Lakers non furono capaci di fare altrettanto coi Trail Blazers e Los Angeles schiantò al suolo. Porland si impose per 4-0 e aspettò paziente l’arrivo in finale dei Sixers. Lo scontro in finale fra i fortissimi e talentuosi Sixers ed i Trail-Blazers, sebbene apparentemente dall’esito scontato, suscitava non poche curiosità fra gli addetti ai lavori. Da un lato, il talento puro, la forza dei singoli individui, su cui troneggiava irragiungibile la classe e l’atletismo di Julius Erving. Dall’altro la forza di un collettivo, guidato dalle magiche mani di Walton.
La finale ebbe inizio il 22 maggio. Secondo gli “esperti” si sarebbe risolta in 4 facili partite a favore dei Sixers.
Gara 1, allo Spectrum di Philadelphia, fu aperta da una delle più spettacolari schiacciate della carriera di Julius Erving. Il Doc finì con 33 punti. Doug Collins ne mise 30 ed i Sixers si imposero per 107-101. Walton aveva chiuso con 28 punti e 20 rimbalzi, che erano valsi solamente un’onorevole sconfitta.
La notte successiva andò in scena gara 2. I Sixers giocarono ancora meglio. Caldwell Jones e Darryl Dawkins, i due lunghi di Philly, giocarono alla morte su Walton. Philly diede lo strappo decisivo nel secondo quarto, quando in 3 minuti piazzò un parziale di 14 a 0, portandosi a chiudere la seconda frazione sul 61-43. La serie si spostava a Portland sul 2-0 per i ragazzi della città dell’amore fraterno. Sembrava già tutto finito. Invece…
Invece Walton in gara 3 mise 20 punti, raccolse 18 rimbalzi e distribuì 9 assist. Lucas contribuì con 27 punti e 12 rimbalzi. I Trail-Balzers segnarono 42 punti nell’ultimo quarto e si imposero nella prima gara casalinga per 129 a 107.
Per gara 4, Philly cambiò tattica. Un po’ tutti i giocatori ed in special modo Doug Collins avevano tirato e sbagliato troppo nelle gara precedente. I Sixers cercarono più spesso le entrate di McGinnins e Erving. Ma il risultato non cambiò. Walton salì in cattedra anche come immenso stoppatore. Portland si impose per 130 a 98. Un autentico massacro.
La serie ora era sul 2 a 2. Philly iniziò a temere che forse l’anello non era poi così vicino, come avevano creduto. McGinnis aveva tirato con 16 su 48 nelle prime 4 gare. Jones e Dawkins non erano riusciti ad impedire a Walton di essere dominante in ogni fase del gioco.
Erving stava giocando splendidamente, ma era dannatamente, disperatamente solo. Portland ruotava invece attorno alla magica e perfetta regia del suo… centro!
Nella conferenza stampa pre-gara 5, Erving ordinò:
“Dobbiamo essere aggressivi. Aggredirli sin da subito, non permetterli di respirare”.
Inzialmente i Sixers eseguirono. Una serie di schiacciate poderose iniziarono a trafiggere il canestro dei Blazers e a rimbombabre nello Spectrum. Ma nel terzo quarto, i Trail Blazers iniziarono a giocare sul serio. A poco più di otto minuti dalla fine, Portland conduceva per 91 a 69. Fu solo l’immensa classe del Dottore (37 punti per lui) ad evitare un nuovo massacro ed a salvare la faccia per i suoi, permettendo ai Sixers un recupero finale che chiuse il match con una quantomeno onorevole resa per 110 a 104.
Alle 4 e mezza di quella stessa notte i Trail Blazers sbarcarono all’aeroporto di Portland per trovare 5000 scatenati fans ad aspettarli. La Blazermania stava raggiungendo il suo culmine. Il giorno dopo, una gloriosa, assolata domenica di inizio giugno, Walton disputò una meravigliosa gara 6 che chiuse definitivamente i conti: 20 punti, 23 rimbalzi, 8 stoppate, 7 assist, per lui.
I Sixers erano riusciti a tenere botta per tutto il primo quarto. Andarono sotto di 15 nella seconda frazione e il distacco rimase preossocchè invariato fino alla finee del terzo quarto.
Il solito, immenso Julius provò a scuotere i suoi e a riportare Philly in partita nell’ultimo periodo di gioco. Praticamente da solo ridusse lo svantaggio. A 4 minuti dalla sirena i Sixers erano sotto per 102 a 98. Ma i Trail-Blazers allungarono nuovamente e si riportarono sul 108 a 100. Poi Lloyd Free mise un libero. Erving dalla distanza siglò il meno 4, quindi mise due liberi. Un altro libero di Lucas ed un jump di McGinnis fissarono il risultato sul 109 a 107 per Portland a 18 secondi dalla fine.
Possesso Trail-Blazers, i Sixers andarono a pressare su tutto il campo e recuperarono la sfera con McGinnis. Mancavano 8 secondi alla fine quando Erving fece partire un jump che trovò il ferro. Volò a rimbalzo e riprovò da sotto per impattare la partita e portarla all’overtime, ma ancora una volta il tiro non andò a bersaglio.
McGinnis agguantò la palla. Mancava un secondo alla fine e tentò nuovamente il tiro del pareggio. Ancora una volta la sfera ballò sul ferro. Il suono della sirena sancì la fine delle ostilità.
Portland vinceva il primo titolo della sua storia. Walton ne era il suo immenso profeta.
“Bill Walton is the best player, best competitor, best person I have ever coached”. Parole di Jack Ramsay, coach dei Trail-Blazers, al termine della serie. Parole che faranno storia. Parole che non hanno ovviamente bisogno di traduzione.
E chissà se Wooden quel pomeriggio non avrà pensato che l’opinione del suo assistente su quello spilungone dai capelli rossi e dalla faccia lentigginosa, non era poi così dannatmente idiota?!…


Pubblicato per Playitusa il

1 Comment