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Overture: la nascita del mito
by The Goat in NBA
La National Basketball Association, meglio conosciuta come NBA, è la più importante lega professionistica di pallacanestro degli Stati Uniti d’America.
La sua sede è al 645 della Fifth Avenue, quasi all’incorcio con la 51esima strada, a New York, in un grosso palazzone noto come Olimpic Tower.
La NBA nacque nel 1946 con il nome di BAA (Basketball Association of America), una lega fondata da alcuni imprenditori, proprietari delle più grandi arene di sport degli Stati Uniti. Ne facevano parte undici franchigie, di queste solo due ancora oggi sono vive e vegete: i Boston Celtics e i New York Knickerbockers.
La prima partita ufficiale risale al primo novembre del 1946, quando i Toronto Huskies ospitarono i Knicks. Vinse New York per 68 a 66. Miglior realizzatore della gara fu Leo “Ace” Gottlieb con 12 punti.
Il primo titolo fu vinto dai Philadelphia Warriors, la cui stella si chiamava Joseph Franklin Fulks, detto Jumpin’ Joe.
L’anno dopo i Baltimore Bullets, freschi finalisti dell’ABL (American Basketball League), una lega concorrente, confluirono nella BAA, andando subito a vincere il titolo.
Poi toccò ai Minneapolis Lakers, campioni in carica della NBL (National Basketball League) confluire nella BAA ed instaurare la prima vera dinastia di cui si abbia notizia nella storia del basket professionistico americano.
Nel 1949, il 3 agosto, la BAA e la NBL si fusero in un’unica lega, adottando l’attuale nome di NBA.
E fu così che la storia ebbe inizio…
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Il giocatore dominante
by The Goat in NBA
Fra il 1949 ed il 1954 i Minneapolis Lakers vinsero 5 titoli NBA.
Il leader della squadra era un centro di pelle bianca di nome George Mikan, la prima vera grande superstar del basket a stelle e strisce.
Mikan ebbe un ruolo fondamentale nell’evoluzione del gioco.
La sua presenza in campo portò l’ufficio competizioni della lega ad apportare alcune modifiche al regolamento, fra cui la più singificativa fu l’introduzione dell’orologio dei 24 secondi. Una modifica che contribuì in maniera decisiva all’espansione del gioco spingendolo verso quelle vette di popolarità che oggi conosciamo.
Il dominio di Mikan sotto i tabelloni fu così determinante per le vittorie dei Lakers che con lui prese corpo il concetto di centro dominante. Da allora e per molti degli anni a venire qualsiasi squadra avesse avuto velleità di vittoria non avrebbe potuto prescindere da un lungo di livello sotto canestro.
I Boston Celtics degli anni ‘60 ne furono la perfetta dimostrazione. Vinsero 11 titoli in 13 anni, andando ad instaurare la più grande dinastia che lo sport americano abbia mai conosciuto.
Il profeta della squadra era Bill Russell, leader carismatico, leggenda vivente della NBA. Attorno a Bill ruotavano una serie di giocatori di eccelso livello, fra cui spiccava Bob Cousy, il primo vero grande playmaker nella storia del gioco.
L’asse play-centro si rivelò fondamentale per le fortune di Boston.
La dittatura dei Celtics stroncò i sogni di gloria di molte squadre e di alcuni fra i più grandi giocatori della storia.
Le principali vittime furono i Lakers e i suoi due giocatori simbolo: Elgin Baylor e Jerry West.
In quegli anni Celtics e Lakers incrociarono più volte le armi in finale. Boston ne uscì sempre vittoriosa, ma ogni volta era stata autentica, infuocata battaglia.
La prima grande finale fra le due squadre, le più titolate nella storia della NBA, arrivò nel 1962.
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1. The start of it all
by The Goat in NBA Legendary Games
In principio era Mikan.
George Lawrence di nome. Mr Basketball per soprannome.
Occhialuto viso pallido di 6’10’’ per 245 libbre. Nato nell’Illinois nel 1924, college DePaul. Sette stagione in NBA ai Minneapolis Lakers, cinque titoli, 23.1 punti e 9.5 rimbalzi in carriera.
Inarrestabile per i suoi tempi. Con lui nacque il concetto di giocatore dominante.
Mikan appese le scarpe al chiodo nel 1956. Quattro anni dopo i Lakers lasciavano le fredde montagne del Minnesota per il caldo della costa californiana. Los Angeles ne era la nuova patria.
In seguito venne Pettit.
Robert Lee di nome. Per tutti Bob o anche Big Blue, perché indossava sempre lo stesso cappotto blu notte. Faro dei St.Louis Hawks, fu l’unico a sconfiggere l’imbattibile Boston degli undici titoli in una serie finale. Il primo MVP di Regular Season di sempre. Undici volte All Star, dieci primi quintetti di lega consecutivi, tuttora record NBA.
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Il Signore degli Anelli
by The Goat in NBA
Fra il 1962 e il 1968 Lakers e Celtics si affrontarono per cinque volte in finale. Cinque vittorie di Boston. Più che una dinastia era stata una vera e propria dittatura: dieci titoli NBA in dodici anni rappresentavano fino ad allora il bottino raccolto da Bill Russell e dai suoi compagni.
Solo due anelli erano sfuggiti, il primo nel 1958 quando Russell si infortunò proprio durante la finale e i Celtics persero la serie contro gli Hawks di St. Louis guidati da Bob Pettit; il secondo nel 1967 quando i Philadelphia 76ers di Wilt Chamberlain riuscirono a battere gli eterni rivali in maglia verde nella finale dealla Eastern, andando poi a vincere l’anello.
Ma già nel 1968 i Celtics tornarono sul tetto del mondo sconfiggendo prima i 76ers e poi nella serie finale i Lakers per 4 partite a 2.
Fu al termine di quella stagione che Wilt Chamberlain fece il grande salto. Abbandonò Philadelphia per approdare proprio a Los Angeles, andando a colmare il buco sotto canestro che i Lakers storicamente avevano e che tante vittorie erano loro costate.
I gialloviola con Chamberlain sotto i tabelloni divennero la squadra da battere. Una corazzata pronta a macinare qualsiasi avversario si fosse posto fra loro ed il titolo del ‘69.
Quella volta sembrava che per Boston non ci fosse proprio scampo. Sembrava!…
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2. Quei palloncini al Forum di L.A.
by The Goat in NBA Legendary Games
Correva l’estate del 1968.
Non era la summer of love dell’anno prima, né quella di Woodstock dell’anno dopo, ma una molto più prosaica estate di ferventi trattative fra due squadre NBA per spostare il colosso Wilt Chamberlain da una costa all’altra degli Stati Uniti.
E colui che a torto o a ragione, viene spesso considerato il più grande centro di ogni epoca, lasciava i Sixers di Philadelphia, dove nel 1967 aveva vinto il suo primo titolo in carriera, per approdare a Los Angeles, in una squadra dal talento spaventoso e dalle infinite possibilità.
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3. Quando Reed rispose presente
by The Goat in NBA Legendary Games
La stagione 1969-’70 fu una stagione molto particolare per l’intera NBA. Era la prima senza William Felton Russell, per tutti Bill. Il signore degli Anelli. Colui che aveva rivoluzionato il basket, i suoi concetti, le sue tattiche, la sua psicologia.
Per tredici lunghissimi anni, ogni stagione era inizata con la consapevolezza che la squadra da battere erano i Celtics. Ogni stagione era finita (salvo due eccezioni) con Boston sul tetto del mondo e Bill Russell suo immenso profeta. Una dittatura, di più, un incubo.
Il campionato si aprì senza quella, per taluni rassicurante, per altri frustrante, certezza. Il trono e lo scettro del Re erano rimasti vacanti. La squadra più accreditata a prenderne in consegna l’eredità dei Celtics, era ovviamente Los Angeles.
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Sogni di gloria
by The Goat in NBA
La sconfitta nella finale del 1970 gettò nello sconforto e nella disperazione un’intera città. Anche senza Bill Russell, i Lakers avevano fallito l’appuntamento con un titolo che sembrava sempre più una chimera.
Baylor aveva ormai 36 anni, Chamberlain 34, West 32. Gli anni migliori della carriera erano per tutti e tre ormai definitivamente alle spalle. Soprattutto Elgin da diverso tempo soffriva di diversi problemi fisici che ne avevano minato fortemente il rendimento. Il ritiro sembrava ormai imminente.
Eppure la voglia e la speranza di vincere il tanto sospirato anello di campioni NBA, spinse i 3 giocatori a riprovarci ancora una volta.
Dopo un anno di transizione in cui a trionfare furono i Milwaukee Bucks del giovane Lew Alcindor e del grande vecchio Oscar Robertson, finalmente arrivò per Los Angeles l’anno della gloria.
Correva la stagione 1971-’72. Lo sfortunato Elgin si ritirò dopo appena 9 partite di Regular Season, ma Jerry West e Wilt Chamberlain condussero i Lakers a dominare letteralmente il campionato, mettendo a segno una serie di record, alcuni dei quali ancora oggi sono inviolati.
L’avversaria più ostica si rivelò essere proprio Milwaukee. E furono proprio i Bucks ad interrompere un’impressionante serie di vittorie consecutive dei Lakers in Regular Season.
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4. Quattro leggende e una partita
by The Goat in NBA Legendary Games
Wilt Chamberlain, Oscar Robertson, Jerry West e Kareem Abdul Jabbar. Quattro nomi che hanno fatto la storia della National Basketball Association. Quattro autentiche leggende di questo sport. Quattro fra i dieci più grandi giocatori di ogni epoca.
Due esterni, il miglior play e la miglior guardia prima dell’avvento di Magic e MJ. Due centri, fra i primi tre di sempre. Tutti appassionatamente riuniti in una stessa, magica partita. Ovviamente Lakers-Bucks di inizio anni ‘70.
Se a ciò ci aggiungiamo una finale di Conference giocata pochi mesi prima fra le due squadre e vinta da Milwaukee in cinque gare, ed una striscia aperta di 33 vittorie consecutive dei Lakers in regular season, c’è veramente di che commuoversi nel mettersi davanti alla TV e godersi la sbiadita videocassetta della partita.
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Jan
5. L’anello approda a L.A.
by The Goat in NBA Legendary Games
Ladies and Gentlemen, from Los Angeles, California, The Ring!
E adesso non aspettatevi l’inconfondibile giro di chitarra che apre Roadhouse Blues, caso mai sarebbe d’uopo l’attacco di una versione riveduta e corretta di The Star Spangled Banner, l’inno nazionale americano. Magari stile Hendrix.
È la tarda primavera del 1972. Los Angeles conquista il suo primo titolo NBA. Agognato, sofferto, più volte sfiorato, ma mai ghermito.
Dapprima il più che decennale incubo Russell, poi il cuore di Willis Reed e dei giovani guerrieri della Grande Mela, infine lo strano connubio generazionale Robertson-Alcindor.
Quell’anello pareva essere maledetto. A dispetto dei Chamberlain, dei West, dei Baylor, dei record e delle innumerevoli finali, sembrava davvero non dovesse mai arrivare.
Ma per una volta lasciamo spazio ai numeri. Mai come in questo caso altamente esplicativi.
Los Angeles aveva fatto il suo ingresso nella Nationa Basketball Association nel 1960. Da allora sette finali disputate in unidici anni. Sette sconfitte.
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Jan
L’inizio della crisi
by The Goat in NBA
I Lakers tornarono in finale anche l’anno successivo, nel 1973. Sempre contro i New York Knicks, guidati da uno dei background più forti che la storia della lega ricordi: Walt Frazier e Earl “The Pearl” Monroe, una guardia di eccelso valore, passata alla storia con lo splendido soprannome di Black Jesus.
A spuntarla furono i ragazzi della Grande Mela in 5 partite. E West perse la sua ottava finale.
Quella serie rappresentò l’ultimo atto della carriera dell’immenso Wilt Chamberlain, l’uomo dagli innumerevoli record, la più grande forza della natura che il mondo della pallacanestro abbia mai conosciuto. Gara 5 di quella finale fu la sua ultima partita. La sua ultima sconfitta. Quella sera il basketball perse un pezzo fondamentale della sua storia.
West invece si ritirò al termine della stagione successiva, nel 1974. Con il suo abbandono si chiuse definitivamente una delle più belle epoche che la NBA abbia mai vissuto. Quei favolosi anni ‘60, in cui alcuni fra i più grandi giocatori di tutti i tempi, concentrati in pochissime squadre, avevano fatto sognare tutta l’America in sfide dal sapore irripetibile.
Tempi duri si prospettavano per l’NBA. Tempi di un pubblico sempre più freddo e di un mercato sempre più in calo, tempi di una feroce e spietata concorrenza promossa da una lega rivale, la ABA (American Basketball Association), il cui basket era fatto di gioco veloce e spumeggiante, di schiacciate spettacolari e palloni colorati. In questo contesto emerse ad illuminare le scende della NBA un vecchio reduce degli anni ‘60, un veterano che aveva vissuto in prima persona i fasti dell’epopea di Russell e che ora, da leader di Boston, riuscì nuovamente a condurre i Celtics sul tetto del mondo.
Il suo nome era John Havlicek.
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6. La maratona di Boston
by The Goat in NBA Legendary Games
The Greatest Game Ever. La più bella partita di tutti i tempi. Esiste un solo match nella storia della NBA che può vantare tale impegnativa definizione.
Era un venerdì sera del mese di giugno, giorno 4, anno 1976, quando Celtics e Suns scesero sul parquet del Boston Garden per gara 5 di finale. Una finale forse in tono minore, in un’epoca non certo florida per la NBA.
Proprio nel 1976 l’ABA era ormai arrivata al capolinea della sua breve vita. Il grande nemico era imploso improvvisamente, così come era nato, quasi dieci anni prima.
L’NBA aveva finalmente vinto la sua personalissima battaglia, ma il prezzo da pagare era stato altissimo. Ascolti ridotti al minimo storico, una situazione economica imbarazzante, la diaspora dei migliori giocatori fra le due leghe contendenti. Lo spettacolo in campo? Spesso non pervenuto.
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Jan
The Doctor…
by The Goat in NBA
Gara 5 di finale del 1976 sembrò essere un segnale per la NBA.
I tempi bui stavano per finire.
Di lì a poche settimane l’ABA si sciolse e il più spettacolare giocatore del pianeta, al secolo Julius Erving, per tutti semplicemente Doctor J., colui che più di tutti aveva reso grande l’ABA, approdò nella NBA, vestendo la gloriosa maglia dei Philadelphia Sixers.
Un nuovo e promettente futuro si stava schiudendo per la National Basketball Association.
Con il doc fra le proprie fila, i Sixers divennero subito la maggiore candidata all’anello.
I sogni di gloria della squadra però si infransero in finale, perché quella stagione fu contrassegnata dal dominio di un centro atipico dalle mani morbidissime e dalla tecnica sopraffina. Il suo nome era Bill Walton, la sua squadra i Portland Trail-Blazers.
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7. L’anno della Blazermania
by The Goat in NBA Legendary Games
Se vi avessero detto che il più grande centro della storia della NBA è stato un 6-11 dai capelli lunghi e rossi, un figlio dei fiori che amava farsi fotografare sdraiato su un prato con una fascia fra i capelli ed un fiore in bocca, un lentigginoso spilungone che credeva nell’amore fraterno e al college veniva arrestato per una manifestazione contro la guerra del Vietnam, un contestatore hippie e vegetariano convinto, uscito dall’high school di San Diego fra lo scetticismo generale, ci avreste mai creduto? Assolutamente no!
E avreste fatto bene, perchè Bill Walton non è stato il più grande centro di ogni epoca.
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Jan
I due rivali
by The Goat in NBA
L’arrivo di Julius Erving nella NBA fu il primo passo per la rinascita, per la riconquista di nuove fette di mercato, di un seguito sempre maggiore da parte del pubblico.
Erving riaccese quel fuoco all’interno della lega che ormai da anni sembrava essere spento.
Ma la svolta decisiva arrivò quando due ragazzi, diversi come il giorno e la notte, nel 1979 fecero il loro ingresso nella NBA.
Uno andò a Boston, l’altro a Los Angeles, andando a rinverdire quell’antica rivalità fra le due maggiori squadre della lega.
Insieme condussero il basket a stelle e strisce verso vette di popolarità fino ad allora sconosciute, superando i pur vasti confini degli Stati Uniti per andare ad attingere ad un mercato di livello mondiale.
I loro nomi erano Earvin Johnson, detto Magic, e Larry Joe Bird, detto The Legend.
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8. Never fear, E.J. is here!
by The Goat in NBA Legendary Games
Gli anni ’70 stavano giungendo al capolinea.
Anni in cui la National Basketball Association aveva attraversato il momento più buio della sua fulgida storia.
I fasti degli anni 60 erano ormai lontani. Chamberlain e Russel ormai uno sbiadito ricordo.
L’ABA era stata un’agguerrita rivale e la NBA già da tempo lottava contro lo spettro del fallimento. Un pubblico sempre più freddo ed un mercato in perenne calo sembrava avviare la lega verso un lento, inesorabile declino.
La stagione 1979/80 vide l’introduzione del tiro da tre punti, che tanto aveva furoreggiato nella defunta American Basketball Association.
Lo stesso anno i Jazz abbandonavano la natia New Orleans e le paludi della Louisiana, per trovare rifugio fra le montagne dello Utah, sulle sponde del Lago Salato.
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